sabato 1 maggio 2010

La mia candidatura a Coordinatore dei circoli Pd della Zona 7

Con questa tappa si conclude un congresso aperto ormai da quattordici mesi. Durante questa fase abbiamo avuto la possibilità, di sviluppare un dibattito politico di altissimo livello, sui temi e sulle competenze del nostro Partito. Forti di quello che abbiamo appreso dobbiamo andare avanti, sempre più rapidamente, verso le prossime sfide che ci attendono. Andare avanti però senza divisioni interne, poiché per le primarie e per i tre milioni di persone (7940 in Zona 7) che hanno votato dobbiamo avere grande rispetto. Perché dall’unità esca la voce che gridi al cambiamento: alla voglia di etica, di giustizia, di rispetto dello Stato, di innovazione sociale – politica – economica, di allargamento dei diritti e delle garanzie, di cura dell’ambiente; e quella voce deve essere la nostra. Il rinnovo del Coordinamento Cittadino è l’ultimo tassello di questo puzzle che, una volta completato, potrà essere il motore verso l’appuntamento del 2011.

Quello che dobbiamo sviluppare ora è un filo conduttore, un indirizzo politico chiaro nei confronti della visione d’insieme di una città in grado di relazionarsi con la Lombardia e l’Europa a partire proprio da progetti innovativi nei nostri quartieri e nei nostri parchi. Attraverso il ricordo dei martiri della resistenza noi oggi torniamo nei nostri quartieri. Se penso a ciascuno dei nostri sei circoli posso dire con esattezza almeno un’iniziativa che il circolo sta portando avanti nei propri quartieri. Una modalità, questa, che va oltre il 2011. Ci collega con al 2016 e ci permette di ragionare con lungimiranza sul lungo periodo. La presenza nei nostri quartieri deve essere il primo dei nostri obiettivi e su questo non credo ci sia bisogno di inventare nulla di nuovo. Ognuno di noi vive nel proprio quartiere e sa cosa è meglio fare.

Dobbiamo essere in grado di costruire anche un partito che sappia essere alternativo. Anche nell’affrontare temi poco sviluppati dalla quotidianità. Ecco io penso che il nostro dovere sia quello di riuscire a tenere accesi i fari dell’attenzione pubblica anche quando i media li spengono. Il nostro deve essere un segnale di lungo periodo. Così come sul tema dell’immigrazione, non serve emarginare gli stranieri. Io penso che una grande battaglia che come Partito potremmo fare è quella di chiedere l’istituzione di una consulta dei cittadini stranieri come già sperimentato a Verona e a Piacenza. Infine penso a un Partito moderno. Qui mi permetto di citare la frase di un mio grande maestro politico: “Ci vorrebbero meno uffici stampa e più uffici studio”. Ecco penso alle commissioni di Zona. La commissione Lavoro, la commissione Territorio così come mi piacerebbe veder sorgere una commissione sulla comunicazione. L’idea centrale resta quella di squadra. Questo è il primo punto che mi preme sviluppare. Unire tutte le competenze, tutte le idee e metterle in condivisione, contaminarci e proseguire insieme.

Si respira un forte disagio aggravato dal fatto che l'attuale governo mostra ormai segni evidenti di inadeguatezza, che si sommano all'arroganza. I cittadini, a mio avviso, chiedono ad un partito come il PD un coraggio e una determinazione nell'azione dell'opposizione e una sorta di rassicurazione nelle capacità innovatrici e risolutrici della sua dirigenza a partire dalle sue strutture di base. Unica ricetta contro la Lega. Occorre immaginare un PD in cammino. che, attraverso l’articolazione dei suoi circoli, abbia la capacità tanto di presenziare i “luoghi” quanto di intercettare i “flussi”, di persone, di fenomeni, di idee. Il radicamento di cui spesso parliamo vuol dire certamente essere presenti e visibili, stare tra la gente, non solo in campagna elettorale. Per questo occorre una rete dei circoli che sia efficace nella sua azione di presidio territoriale e che si muova “all’unisono” senza sprechi di energia. Ma radicarsi vuol dire anche entrare nella testa dei cittadini, mettersi in sintonia con i loro bisogni, le domande. Ci sono persone che non entreranno mai nei nostri circoli, non si avvicineranno mai a un nostro gazebo. Eppure ci osservano, ci giudicano. E, soprattutto, ci voterebbero, se vedessero, nel Pd, la forza politica che sa capire i loro problemi e sa indicarne le soluzioni. Radicamento è conoscere il quadro in cui ci si muove. Studiare e approfondire. Non essere ossessionati solo dalla dimensione quotidiana delle vicende politiche.

Bisogna avere uno sguardo lungo e mettere insieme i tasselli di un cambiamento in atto che spesso non sappiamo riconoscere. Dobbiamo insomma ripartire dalle radici, dal territorio, da una squadra, dai percorsi alla memoria, dalla costruzione di un’alternativa, itinerante e moderna per vincere la sfida del 2011. Oggi è la festa del lavoro, oggi c’è poco da festeggiare, i diritti sono negati e le garanzie azzerate. Quale civiltà è questa?

Nessun commento:

Posta un commento