mercoledì 3 novembre 2010

Chi semina vento...

Sono preoccupato. In modo particolare per i ragazzi della mia generazione. A loro dedico questa riflessione. Per loro che da questa situazione possono solo maturare altro disprezzo verso la politica. Disprezzo sia verso la “Policy”, ovvero verso il problema del governo, cioè di quella costellazione di decisioni riferite ai problemi della comunità, sia verso la “Politics” ovvero verso il problema legato all’”architettura” del potere istituzionale e al suo funzionamento. Entrambe messe a dura prova dalla caparbietà di alcuni nostri governanti che non riescono a trasmettere ad una generazione evidentemente in crisi (non solo economica), affamata di futuro, nemmeno il senso del domani chiudendolo ancora all’interno di categorie e slogan appartenenti al passato.

Ha ragione Ulirich Beck quando scrive, a proposito dei giovani, spesso erroneamente accusati di essere indifferenti alla politica, che essi: “odiano i formalismi delle organizzazioni e il loro modello di impegno costruito sull’imperativo del sacrificio della singola individualità […]. Non abbiamo a che fare con una caduta dei valori, ma con un conflitto tra valori, tra due concezioni diverse per stile e per contenuto, della società, della democrazia e della politica”. L’individuo contemporaneo, per la sua naturale caratteristica di ribellione legata alla sfiducia, cerca quindi di impegnarsi “laddove è possibile rimanere soggetti della propria azione”.

La sfida con cui il PD è nato è, tra le tante, quella di riuscire a realizzare un passaggio chiaro all’interno di quelle “due concezioni della società” contenute in Beck e che porta al disprezzo verso forme di democrazia come i partiti. Ovvero a partire da quella che Piaget, già nel 1957, chiamava “Morale eteronoma” (caratterizzata dal fatto che le nozioni di giusto e ingiusto si identificano con le nozioni di dovere e disobbedienza) ad una “morale autonoma” (basata sulle capacità personali di giudizio e di valutazione dei contesti relazionali e situazionali) per dirla con Honneth “stimare qualcuno come persona consiste in primo luogo nel fatto che la stima non sta nell’applicazione di norme universali ma nella valutazione differenziata di capacità e qualità concrete”.

Magatti infatti ci ricorda che “è necessario riportare l’istanza individualistica, che è alla base della crisi della modernità societaria, verso una prospettiva maggiormente capace di riconoscere il significato delle istituzioni sociali. La sfida è quella di riuscire a non disattendere la richiesta di legare ad un livello più alto la propria vicenda personale con quanto accade attorno, richiesta che costituisce uno dei nodi più cruciali e problematici della vita sociale contemporanea.

Non sono parole semplici, il carico affidato alla politica è enorme ed è innanzitutto quello di riuscire a leggere la vita sociale con nuove categorie dinamiche. Solo in questo modo questa politica potrà tornare a parlare di futuro ai giovani.

Mentre c’è bisogno di tutto questo assistiamo, ogni giorno di più, alla caduta di un governo posto sotto assedio dal suo stesso presidente incapace persino di esprimersi con rispetto verso il Paese. Un grande Vittorio Foa, rivolgendosi ai giovani diceva che “il degrado della politica e delle sue parole sta proprio nell’agire pensando di essere soli e nel pensare solo a se stessi”. Abbiamo lentamente assistito alla scomparsa dell’interlocutore e la politica è oggi il patto che lo stesso Foa definiva “tra governi e governanti”.

Ecco l’altra sfida con cui questo PD si consolida nel Paese, quella di rompere questo patto e restituire la collettività all’individuo, anche nella politica. Di ricostruire cioè quel tessuto basato sul legame con l’altro sociale, provando a superare l’odio di Beck verso le istituzioni non lasciandolo sulle spalle della società civile.

Chi semina vento raccoglie tempesta, cita la Bibbia nel libro di Osea, 8,7. Neruda lo scriveva nella poesia “Spiego alcune cose” di cui vi ho riportato i versi. Essi rappresentano il pensiero di Osea e rendono il clima politico di questi giorni, per un giovane, insicuro e impaurito.

[…]
Vi racconterò tutto ciò che mi accade.
Io vivevo in un quartiere
di Madrid, con campane,
con orologi e con alberi.

Di là si vedeva
il volto secco di Castiglia,
simile ad un oceano di cuoio.

La mia casa era detta
la casa dei fiori, perché da tutti gli angoli
scoppiavano gerani:
era una bella casa,
con tanti cani e bambini.

Raul, Ti ricordi?
Ti ricordi, Rafael?
Federico, ti ricordi,
ora sotto la terra,
ti ricordi della mia casa con balconi
dove la luce di giugno soffocava di fiori la tua bocca?
Fratello, fratello!

Tutto
era alte voci, sale delle merci,
mucchi di pane palpitante,
mercati del mio rione di Argüelles, con la sua statua
come un pallido calamaio tra i merluzzi:
l'olio colava sui cucchiai,
un profondo battito
di mani e piedi riempiva le vie,
metri, litri, essenza
sottile della vita,
pesce ammassato,
intreccio di tetti con freddo sole
nel quale la saetta s'affatica,
delirante e fino avorio delle patate,
pomodori ripetuti fino al mare.

E infine una mattina tutto divampava
e una mattina i fuochi
uscivano dalla terra
divorando persone,
e da allora fuoco,
da allora spari,
e da allora sangue.
Banditi con aeroplani e con mori,
banditi con anelli e duchesse,
banditi con neri frati in atto di benedire
venivano dal cielo a uccidere bambini,
e per le strade il sangue dei bambini
correva semplice, come sangue di bambini.

Sciacalli che lo stesso sciacallo schiferebbe,
pietre che il cardo secco morderebbe sputando,
vipere che le vipere odierebbero!

Davanti a voi ho visto il sangue
di Spagna sollevarsi
per affogarvi in una sola ondata
D’orgoglio e di coltelli!

Generali
traditori:
guardate la mia casa morta,
guardata la Spagna lacerata:
eppure, da ogni casa morta sgorga un metallo di fuoco
anzichè fiori,
eppure da ogni cavità della Spagna
spunta la Spagna,
da ogni bambino morto sprizza un fucile con occhi,
da ogni delitto nascono proiettili
che un giorno troveranno il punto
del vostro cuore.

Voi mi chiederete: perché la tua poesia
non ci parla del sogno, delle foglie,
dei grandi vulcani del tuo paese natio?

Venite a vedere il sangue per le strade,
venite a vedere
il sangue per le strade,
venite a vedere il sangue
per le strade!”

Sono in molti a chiedere ai partiti delle opposizioni “perché non parlate di sogni, di foglie, di grandi vulcani o del paese natio?”. Venite a vedere i danni di questo governo nel cuore delle giovani generazioni. Abbiamo bisogno di un grande sforzo collettivo per tornare a parlare a loro, con loro, di loro, per loro. Ecco il nostro lavoro, ecco il lavoro di un grande partito riformista.

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