sabato 23 ottobre 2010

Una vita... per diventar giovani

Dai “quaderni” di Gramsci: “Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa […]. Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre. […] Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro, ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più. Una soffitta su un pianterreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali ma non siete capaci che di costruire soffitte”. Queste parole, oltre ad essere contenute nel “Midollo del Leone” di Reichlin, contengono ancora oggi un forte elemento attuale, vengono infatti riprese ad ogni “questione generazionale”. (basta cercare su Google per farsene un’idea).

Senza entrare nel merito dell’attualità, anche se i richiami vi saranno venuti in mente, il dibattito ruota sempre attorno ai punti di vista dell’intendere il ruolo di giovane in riferimento alla realtà sociale o politica nella quale si agisce. Quanto descritto da Gramsci non è che uno dei modi di intendere lo sviluppo della complessità giovanile ed indica quello che i moderni sociologi collocano nell’ambito della ribellione.

Lo stesso pensiero di ribellione è contenuto anche in opere cinematografiche come “Heimat 2, cronaca di una giovinezza” dove viene pronunciata la seguente battuta:

“Dimentichiamo i nostri padri. Noi siamo il parto di noi stessi. Dunque siamo dei!”

Battuta dalla quale emerge il senso di rivolta, la stessa contenuta nell’avvertimento di Gramsci, di chi si oppone agli dei e ruba il fuoco della conoscenza da donare agli uomini. (Vi viene in mente qualcuno?) Anche in questo caso sarebbe complesso analizzare il mito di Prometeo, tanto più dovremmo distinguere il Prometeo di Platone dal Prometeo di Eschilo ma non stiamo facendo altro che tracciare i tratti di un modo di essere o di percepire il giovane.

Che dire allora della poesia di Majakovsky:
“Battete in piazza il calpestio delle rivolte!
In alto catene di teste superbe!
Con la piena di un nuovo diluvio
Laveremo la città dei mondi”

E’ la forza del giovane che non si accontenta di stare al passo con il suo tempo e si pone nell’incertezza se collocarsi nel passato o nel futuro (un futuro però scritto dalle regole dettate dal passato). Questi giovani vogliono vivere e costruirsi un nuovo futuro. Esattamente come nel film: “Momenti di Gloria” il giovane grida: “Io porto l’avvenire con me!”. Un mix tra generosità, verso la propria generazione; vocazione al cambiamento e voglia di futuro.

La politica attinge anche da questi atteggiamenti. L’Italia è certamente un Paese complesso ma a differenza di come viene confusamente vissuto, il compito di un Partito non è quello di aggiungere complessità alla complessità ma di attutire le luci della città per mostrare la via lattea della realtà sociale. (aggiungo nei modi e nei luoghi giusti, quasi a voler richiamare anche Aristotele).

Questo giovane tende ad esaltare la sua visionaria ostinazione, lo spinge a leggere la realtà con altri occhi suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. Non è un concetto nuovo, Miguel de Cervantes ne ha parlato nel suo Don Chiscotte. Un personaggio che sottolinea l'inadeguatezza degli intellettuali della sua epoca e prova a fronteggiare a modo suo i tempi nuovi. Eppure come scrisse Ernest Bloch, Don Chiscotte prova solo a fronteggiare i limiti umani come prova a fare l’Ulisse. Eppure Don Chiscotte non vuole limitarsi ad andare “oltre” prova a realizzare il suo mondo visionario per questo il giovane Don Chisciotte cerca figure da rendere reali e demonizza fino all’estremo gli elementi più naturali della propria vita. Il loro motto resta quello dello scrittore Coupland, quello della “Generazione X”: “avere paura di morire a trent’anni ed essere sepolti a ottanta”.

In questo senso vorrei quindi riprendere, seppure in piccola parte il mio modo di essere giovane. Un giovane di lungo periodo che non ha paura di costruire il proprio pensiero sulla base di riflessioni complesse da ampliare nella complessità. Un giovane che prova a leggere più di quanto scrive, che ascolta più di quanto parla. Non sarà mediaticamente influente in questa epoca storica ma infondo è proprio Walt Whitman a ricordarci:

“Io sono uno che accarezza la vita ovunque vada,
che volga indietro o avanti.
Mi chino sulle nicchie appartate e i subalterni,
non trascuro un oggetto o una persona.
Tutto assorbendo in me e per questo mio canto”

Il raggiungimento, di un solo obiettivo, anche piccolo, può occupare gran parte della vita, di un giovane “tendo le mani ai giorni in boccio che saran domani” scriveva Ranier Maria Rilke mentre Pablo Picasso, scherzosamente diceva addirittura che: “Ci vuole molto tempo per diventare giovani”, aggiunge il saggio: “…una vita”.

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