giovedì 15 settembre 2011

Laico, non agnostico

In occasione della conclusione del percorso apostolico del Cardinal Dionigi Tettamanzi quale arcivescovo della nostra città, vorrei poter esprimere una considerazione. Nei suoi nove anni di missione, egli ha saputo leggere con lucidità la bussola di una Milano sociale e globale, frammentata e in mutamento.

Sobrietà come motore dello sviluppo e della solidarietà, questo il fulcro del suo pensiero per la “città dal terreno buono” come l’aveva definita. In diverse occasioni si è rivolto agli amministratori locali invitandoli ad essere seminatori fiduciosi, lungimiranti, pazienti e benevoli nel loro operato. Nell’ultimo discorso alla città, in occasione della vigilia di Sant’Ambrogio aveva richiamato i cittadini ad una corresponsabilità nel Governo della città.

2012, Settimo incontro mondiale delle famiglie; 2013, i 1700 anni dall’editto di Costantino che sancì la libertà di culto; 2015 l’anno dell’Esposizione internazionale. Utilizzando queste tappe ha saputo esprimere le principali riflessioni a cui è chiamata la nostra città: famiglia come pilastro della formazione e dell'inclusione sociale, libertà di culto per una Milano più matura e civile, crescita equilibrata e sostenibile per la salvaguardia dell’ambiente e della qualità della vita. Non dimenticheremo la sua volontà a fare della nostra città un luogo coeso, solidale, comunicativo, aperto a tutti, dove il terreno è liberato dalle aridità, dai sassi e dai rovi che ne soffocano la fertilità e dove poter realizzare i progetti di vita.

Una riflessione per tutte le forze politiche che intendono partecipare al governo di questa città. Laico ma non agnostico, dice Bersani. Anche la laicità è un processo da coltivare nella crisi epocale che caratterizza la nostra storia. Norberto Bobbio, maestro di democrazia ha suggerito l'icona di un'Italia abitata da "Diversamente credenti". Perché la laicità è diversità, ma per il democratico le differenze devono dialogare perché la società multietnica non è una parentesi ma un destino, come aveva parlato il cardinal Angelo Scola.

venerdì 9 settembre 2011

L'8 Settembre di Reichlin

8 Settembre, anniversario dell'armistizio di Cassibile. Data simbolica poiché segna l'avvio di una nuova, e certamente inedita, fase del percorso politico italiano. Anche oggi la storia, che non si ripete, ma si ripropone, ci chiama ad una riflessione.

Come si colloca il nostro Paese nella nuova divisione internazionale del lavoro? Come si ridefinisce l'identità e il ruolo dello Stato? Quale dovrebbe essere il compito della sinistra? Mi riallaccio proprio oggi a quelle domande, poste ormai più di un anno fa da Alfredo Reichlin, ma sempre attuali. Se i presupposti sono questi, il ruolo storico del PD dovrebbe essere ancora quello di affrontare il problema della crisi dell'unità nazionale. Non siamo però solo di fronte a un problema di carattere economico, ma alla necessità di mettere in campo una nuova cultura politica. Ricordiamoci che il solo terreno possibile di identità della nazione è il suo rapporto con la storia repubblicana, cioè con quella rivoluzione democratica, la sola che abbiamo conosciuto e che può restituire al Paese il senso del suo cammino e quindi un'idea del suo futuro. Come l'8 Settembre 1943, oggi diventa sempre più attuale una nuova alleanza tra le forze più vitali del lavoro, dell'impresa e dell'intelligenza creatrice disposte a battersi contro il grumo di tentazioni sovversive che attraversano la società italiana. Si è ben visto che in Italia non si difende la democrazia se si indebolisce il regime parlamentare. L'auspicio di Reichlin è che l'arena politica sia teatro della competizione di partiti veri e organizzati.

Amartya Sen, ci ricorda che è tempo di concepire lo stesso sviluppo economico «come un processo di espansione delle libertà reali godute dagli esseri umani». Ora, non si tratta di sottovalutare l'importanza dei fattori economici in senso stretto, ma di prestare più attenzione alla necessità di «rimuovere tutte quelle situazioni di esclusione, di non libertà, che condizionano la creatività umana e che concernano la miseria come la tirannia, l'ingiustizia come la mancanza di beni pubblici». Ne è l'esempio contrario la manovra che oggi ha avuto la fiducia del Senato. Puntando su un nuovo rapporto tra gli individui e la comunità, e quindi sulla rinascita della società civile, si possono ricostruire quei legami sociali e quei poteri democratici che la lunga ondata della destra ha distrutto. Per questi motivi la costruzione del PD è ancora necessaria per l'Italia; non sarà il PD a spiegare la storia d'Italia ma viceversa.

Proprio ieri è uscita sull'Unità un'analisi di Alfredo Reichlin dal titolo "La sfida dei giovani" che in parte riprende le immense possibilità che possono scaturire dalla crisi globale e proprio con un passaggio di quell'articolo voglio concludere la mia riflessione: "Vedo che adesso viene avanti una nuova generazione che si candida al comando. È giusto, ed è bene. Ma posso fare una domanda? In nome di che cosa si candidano? Dell’età o di quello che è oggi il compito storico che ci sta davanti, cioè battersi per una grande svolta che è necessaria per salvare l’Italia dal precipizio?"

giovedì 14 luglio 2011

L'ambrogino

Domenica ho consegnato il mio primo ambrogino d'oro. Non ho però trovato alcuna storia ufficiale in internet, nulla che raccontasse il perché la più alta onoreficenza di Milano sia, dal 1925, proprio quella particolare moneta. Così ho cercato tra i miei testi, ho studiato e alla centenaria ho raccontato questa storia che ora trasmetto a voi:

L'Ambrogino (o Ambrosino) è, come dicevo prima, una moneta risalente alla metà del XIII secolo. E' l'equivalente milanese del più noto fiorino d'oro battuto sempre nello stesso periodo storico. Portava sul fronte l'icona di Sant'Ambrogio e sul retro dei fratelli San Gervaso e Protasio sulle cui biografie non mi soffermo. L'Ambrogino (insieme ai quasi coetanei genovino (di Genova), fiorino (Firenze) e zecchino (Venezia)) fu una delle prime monete d'oro a essere coniata dopo la caduta dell'Impero Romano in Italia. L'utilizzo dell'oro nella monetazione europea fu resa possibile dalla ripresa dei commerci con il nordafrica da cui arrivava la maggioranza dell'oro utilizzato per le monete e il commercio. Era sentita l'esigenza di monete utilizzabili e riconosciute per il commercio con i paesi arabi, dove erano ancora largamente utilizzate monete in oro (il dinar). Nel XIII secolo e fino al rinascimento queste monete, grazie alla crescente potenza bancaria, divennero le monete di scambio preferite in Europa, una sorta di dollaro dell'epoca. La forza di una moneta si basa proprio sulla sua autorevolezza e quindi su quanto questa è riconosciuta nel mondo.

Ambrogino, Zecchino, Genovino, Fiorino avevano tutte un peso simile ai 3,5 grammi (il peso era dato da una complessa determinate della proporzione con il valore dell'argento di 1 a 12 secondo la riforma di Carlo Magno basata sulla Libbra, "lira" usata come unità di peso pari a 325 grammi di argento) ed erano composte da oro puro a 24 K (signoraggio a parte su cui non mi soffermo), calcolando che l'oro puro è quotato 31 Euro al grammo, il potere d'acquisto di un ambrogino è oggi pari a circa 108 Euro.

Sulla fine del 1300, quando Gian Galeazzo Visconti costituì il Ducato di Milano sotto Venceslao imperatore del Sacro Romano Impero, Milano era nel periodo più florido della sua storia medievale ed essere in possesso di un ambrogino d'oro significava essere una persona importante e sicuramente di grande prestigio. Un ricco commerciante di spezie, piuttosto che un abile conciatore di tessuti ornamentali (viaggio con la fantasia).

Proprio per questo prestigio simbolico l'ambrogino d'oro è anche la massima onoreficenza concessa dal Comune di Milano. Istituita nel 1925 dal Senatore e Sindaco di Milano, Luigi Mangiagalli. Vi sono due categorie di Ambrogini d'oro: la Medaglia d'oro e l'Attestato di civica benemerenza. Ogni anno vengono assegnati fino a un massimo di 30 medaglie d'oro e 40 attestati di benemerenza. I premiati sono scelti dall'Ufficio di presidenza del consiglio comunale di Milano; il sindaco ha diritto di veto. La consegna avviene il 7 dicembre, festa di Sant'Ambrogio. Oltre a queste l'Ambrogino è concesso a tutti i cittadini residenti che compiono i 100 anni di età.

Come la signora Enrica a cui ho fatto gli auguri!

mercoledì 13 luglio 2011

Come la formica

Riprendo ora, con un certo ritardo, la pubblicazione di contenuti su questo blog. Lo faccio a margine di un faticoso processo politico. All'arrivo della pausa estiva voglio imitare la formica. Rifletto, accumulo contenuti affinché l'inverno non ne sia vuoto.

"Guardi chi passa nella grande estate: la bicicletta tinnula, il gran carro tondo di fieno, bimbi, uccelli, il frate curvo, il ramarro". Così scriveva il Pascoli.

Nella mia estate c'è dentro tutto, ancora per poco. A Settembre faremo ordine. Per Virgilio: Labor omnia vicit improbus. Le difficoltà sono vinte dal duro lavoro. Non sarà certamente un percorso facile ma questo partito ora governa.

La sensazione è che una volta lanciata in mare la barca possa governarsi da sola, ma se le stelle non fanno costellazione e il comandate non fa altro che tenere la barra dritta, senza interpretare le correnti, le onde la riporteranno presto a riva.

La differenza è che ora navighiamo in un mare molto più ampio di Milano. Questo mi spaventa.

giovedì 16 giugno 2011

Ogni esperienza

Nel ritratto di Dorian Gray, Oscar Wilde, scriveva: "ogni esperienza ha il suo valore". Ieri, si è chiusa la mia esperienza nel Consiglio di Facoltà di Sociologia, oggi si apre un nuovo cammino nel Consiglio di Zona 7. Ho trascorso due anni carichi di significati, così, all'ultimo consiglio del 14 Giugno, sono intervenuto provando a raccontare il valore di questa esperienza:

"Mi presento oggi, al termine della mia esperienza di consigliere, per augurare a tutti un buon lavoro. Ho accompagnato questo consiglio per due anni, durante i quali la fiducia mostrata è stata ricompensata con un coinvolgimento sempre maggiore nelle riflessioni e nella partecipazione alle decisioni.

Mi rivolgo ai rappresentanti invitandovi a non perdere mai la misura e la distanza dai problemi e dalle esigenze di chi rappresentate. E’ importante continuare a rivolgersi agli studenti e a tutte le associazioni che lavorano quotidianamente tra i nostri chiostri per non perdere la bussola globale. La Gaudium et Spes, invitava la gente ad abitare la politica. Definiva la politica la più alta ed esigente forma di carità. La politica è un impegno al servizio del bene comune; comincia dalla polis, comincia dal territorio, comincia anche dalla nostra facoltà. Condividendo problemi e soluzioni, si fornisce un luogo vivo per quella parte di studenti che ancora in questo organismo non hanno potuto portare la propria voce.

Ai docenti ricordo che per i rappresentanti non ci sono aiuti, non ci sono incentivi. La storia della rappresentanza è una storia fatta di servizio, di sacrificio, senza premi, ne memoria e su questo il mondo accademico dovrà riflettere. Bisogna quindi essere in grado di incoraggiare, sapendo ascoltare, le esigenze raccolte per lo più con difficoltà durante le pause tra una lezione e l’altra.

In questi anni ho saputo garantire una continuità costante alla mia presenza e alla mia attività nella vita istituzionale e associativa di questo ateneo cercando sempre di conciliare gli impegni, che andavano intensificandosi, con lo studio.

Ora porterò nel cuore questa esperienza nel mio nuovo incarico istituzionale. Qui ho imparato che le differenze non rappresentano un ostacolo ma una risorsa per alzare il livello della consapevolezza. Il saggio diceva: “La differenza nei vostri occhi sia la forza delle mie azioni”.

martedì 10 maggio 2011

Letizia Berlusconi secondo Mark Twain

Mark Twain, scrittore americano, affermava scherzando: “Se volessimo capire in cosa consiste davvero la razza umana dovremmo solo osservarla in tempo di elezioni”. Trovo che questa fortunata citazione renda bene anche le caratteristiche dei personaggi, candidati, ai quali andremo ad affidare la nostra città.

Domenica, al Parco delle Cave, abbiamo assistito alla chiusura della campagna elettorale di Letizia Bricchetto in Berlusconi. Una manifestazione imponente dal punto di vista organizzativo ma certamente anonima, senza un reale contatto con il territorio (lo stesso modulo poteva essere usato al Parco Sempione come in Piazza Duomo). Una manifestazione che non è evidentemente stata in grado di coinvolgere le associazioni presenti nello stesso Parco delle Cave (si è visto in termini numerici) e i cui segni sono rimasti (spazzatura e disordine) fino al giorno successivo. Una manifestazione che ha costretto la polizia ad intervenire a danno di un gazebo del Partito Democratico, nonostante avesse ottenuto il permesso ben prima del Sindaco uscente. Insomma un’ammissione di fallimento, considerato anche (ciliegina sulla torta) che l’esperienza del Parco non è citata in nessuno dei libercoli distribuiti recentemente proprio da chi la festa l'aveva organizzata li.

Questa è Letizia secondo Mark Twain:

- Un verde urbano senza rispetto dell’ambiente circostante, trasformato in un anonimo Luna Parko delle cave al quale NOI ci opponiamo (vedasi il Piano di Governo del Territorio).
- Eventi commerciali, costosi, lontani dall’universo sociale e associativo, come ne abbiamo visti in questi anni ai quali NOI ci opponiamo (vedasi l’evento annuale denominato “Parchi in Comune”).
- Un’eredità fatta di consumo, degrado e spazzatura alla quale NOI ci opponiamo (vedasi le politiche sui rifiuti fin’ora seguite dal Comune).
- Un utilizzo della forza pubblica senza il minimo rispetto della legalità e delle procedure al quale NOI ci opponiamo (vedasi le ordinanze di De Corato).
- Un’ammissione di fallimento ai quali NOI (e io con il PD) ci opponiamo candidandoci per una Milano nuova, alternativa e sicuramente migliore.

Per il Partito Democratico di Zona 7, lo abbiamo detto tante volte, ed eravamo li Domenica a ricordarlo ai cittadini, è necessario:

• Completare il parco, compresa la messa in sicurezza, la riqualificazione e la restituzione alla cittadinanza dell'area della cava di Quinto Romano “Ongari Cerutti”;
• Riforestare, anche ricorrendo alla collaborazione volontaria dei cittadini;
• Sviluppare l’agricoltura di prossimità unendo la produzione agricola delle cascine con l’implemento della ricettività leggera, anche in collaborazione con i Gruppi di Acquisto solidale e al Distretto Equo Solidale;
• Consolidare le attrezzature esistenti e costruire infrastrutture per l’accesso, la fruibilità e per il tempo libero;
• Incrementare le strutture per attività ludico-ricreative, culturali e sportive;
• Costruire giardini dei fiori e della frutta e istituire gruppi di volontariato;
• Incrementare gli orti urbani;
• Creare aree dedicate ai bambini, che valorizzino l’avventura e l’educazione ambientale;
• Completare e affidare a competenze reali il sistema delle acque;
• Garantire la copertura WI-FI comunale sul Parco;
• Collaborare sempre con le associazioni insediate e non.

«L’uomo è più complesso di quel che pare: ogni uomo adulto rinserra in sé non uno, ma tre uomini diversi: prendete un Sor Giovanni qualunque. In esso c’è il Giovanni Primo, cioè l'uomo che egli crede di essere; c'è il Giovanni Secondo, quello che di lui pensano gli altri; e finalmente il Giovanni Terzo, ciò ch'egli è nella realtà»
M. Twain

mercoledì 27 aprile 2011

Giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio cose

E' una bella campagna elettorale! Dentro quei chilometri macinati ci sono tutte le motivazioni con cui un anno fa mi sono proposto coordinatore del Partito Democratico di questa zona, la mia zona, la Zona 7. Dentro quei chilometri c'è anche la storia di una zona grande quanto i comuni da cui è sorta: Muggiano, Baggio, Cassinazza, Barocco e Sala Nuova, Quinto Romano e Quarto Cagnino. Dentro quei chilometri ci sono le mani di coloro che l'hanno scritta, come quelle di: Francesco Petrarca, Papa Alessandro II, Stovani, Giannella, i Fratelli Zoia, Alippi, Montoli, Sisti, Clerici, Bega, De Gradi, Bezzo, Acerbi. Dentro quei chilometri ci sono tutte le persone che incontro, lo sguardo della città fragile, il lato oscuro di una metropoli che ha smarrito i luoghi della propria identità, della sua dimensione sociale, di solitudine a bassa intensità emotiva. Questioni che alimentano paure nel guardare: il povero, perché anche noi percepiamo di essere a rischio di povertà; il matto, perché anche noi ci sentiamo a rischio di disordine mentale; l'immigrato, perché anche a noi capita più spesso di sentirci stranieri; la donna vittima di violenza, perché anche a noi capita di sentirci soggetti di cura e contemporaneamente capro espiatorio del rancore dilagante.

Senza la riscoperta del valore e delle potenzialità del territorio saremo sempre schiacciati da luoghi-non luoghi, dall'invidia di vicinato, da vecchi e nuovi populismi. La Zona 7 ha la più grande superficie di Verde per abitante di Milano. In essa sono collocati, in un'ideale linea naturale: la Piazza d’Armi della caserma Santa Barbara, gli ippodromi di San Siro, il Parco delle Cave, il Parco di Trenno, il Bosco in Città fino ai fontanili di Muggiano e Rho. Preservando l’idea di naturalità e di gestione unitaria, ci saranno le condizioni per sviluppare strutture non invasive come: piste ciclabili, cambi di bocce, orti urbani, centri di piccola foresteria anche attraverso il recupero di strutture abbandonate o di cascine da destinare ad associazioni che abbiano tra gli obiettivi la conoscenza, la cultura del territorio e l’integrazione civica. Una grande esposizione sul campo, in vista dell’Expo 2015, in grado di modificare positivamente l’economia dell’intera città grazie allo sviluppo di nuovi posti di lavoro e riqualificare i borghi e i quartieri storici. Un'occasione irripetibile per rendere la nostra città più bella e più vivibile.

Ci siamo!

lunedì 4 aprile 2011

Ci siamo!

Nei prossimi mesi il blog ospiterà la mia campagna elettorale ma non cambierà la sua vocazione. Quella cioè di continuare ad in-dagere ovvero a spingere le menti verso quelle domande inedite senza le quali perderemmo la nostra bussola. Una caccia al tesoro infinta, in cui dobbiamo farci trovare sempre disponibili ad un’esperienza di ex-stasis, cioè esterna al nostro vissuto quotidiano. Per il poeta americano Roethke: “Una casa per la saggezza; un campo per la rivelazione. Parli alle pietre e rispondono le stelle”.

La mia casa, il PD; Il mio campo, la Zona 7. Parleremo ai luoghi, risponderanno i cittadini.

Come il pianeta del lampionaio nel Piccolo Principe, a cui amo richiamarmi, anche la nostra città ha accelerato negli ultimi vent’anni. Purtroppo chi l’ha amministrata non è stato in grado di accelerare insieme a lei e ora la solitudine, il rancore, il degrado sono entrati non solo negli scenari urbani ma anche in quelli sociali. La città vive come separata. Tante città. Nessun progetto.

Così non si può continuare.

Sono molteplici i motivi, i luoghi e le persone per cui mi sono candidato, e nei prossimi giorni ve ne parlerò. Una cosa è certa, mi sono candidato soprattutto perché non mi voglio più vergognare della mia città. La mia è un passione genuina, porterò avanti una campagna a costi “popolari” e se qualcuno vorrà aiutarmi sarà sempre il benvenuto.

Restate in ascolto.

giovedì 3 marzo 2011

Vera rivoluzione: i tre patti

Anni ’60, ventesimo secolo. Anni di profondi cambiamenti per l’Italia e per il mondo. Come scrive l’economista Ferdinando Targetti, nella sua analisi dei processi di globalizzazione: nazioni come la nostra si trasformavano in Paesi industriali, si intensificavano le grandi migrazioni interne, mentre i mezzi di comunicazione e trasporto diventavano sempre più rapidi e accessibili. Il “boom” economico aveva riportando i livelli di crescita degli scambi internazionali a quelli antecedenti allo scoppio della prima guerra mondiale. Quegli anni aprivano, come oggi, a nuove domande, scenari inediti che i movimenti sociali espressero, con rabbia e al tempo stesso con una profonda angoscia, in slogan e parole d’ordine. A partire dalle grande fabbriche del Nord Italia, e all’interno dei primi poli universitari in fermento, anch’essi collocati principalmente al Nord, grandi masse riscoprivano se stesse in una nuova realtà collettiva.

Dai luoghi, le università e le fabbriche, emergevano gli attori principali di quella rivoluzione. Da una parte gli studenti: attraverso lo studio delle moderne scienze umane, ponevano in discussione ogni assetto sociale, politico, economico, filosofico fino a quel momento considerato radicato. Dall’altra gli operai, per lo più figli di braccianti, emigrati dal Sud Italia: rivendicavano, oltre ai salari, nuovi diritti attraverso esigenze come la formazione e la libertà intellettuale. Entrambi videro un’opportunità di riscatto nella loro unione, pur senza negare aspetti conflittuali. Purtroppo il fallimento di quella rivolta è da ricercarsi nella sua incapacità di tradurre le aspirazioni in programmi concreti e in strutture organizzative in grado di realizzarli. Si è realizzata una rivolta etico-politica contro la società, piuttosto che un insieme di movimenti politici finalizzati alla realizzazione di un programma ben definito. Complice una classe politica distratta da logiche clientelari che non è stata in grado di raccogliere la sfida e produrre un nuovo patto sociale, in grado di collegare i luoghi della cultura con i luoghi della produzione.

Oggi, sulla base della nuova crisi globale, dopo la grande rivoluzione del lavoro Taylorista, compaiono nelle vicende di cronaca, i piccoli sintomi di una malattia più diffusa. Riforma della giustizia, federalismo, le vicende di Pomigliano e Mirafiori, la crisi sociale del Nord Africa, la diffusione di nuove forme di estremismo, flussi sociali in continuo movimento globale, lo sviluppo di facebook e dei social network; tutte vicende apparentemente slegate ma che trascinano tanti risvolti concatenati l’uno con l’altro. La febbre globale sale, mentre l’apertura commerciale punta ora sul Medio Oriente e sulle nuove sfide dell’Africa, e la classe dirigente legata a questo Governo resta sorda, sempre più appesantita dal torbido lasciato da un decennio in cui la Politica, con la “P” maiuscola, è stata accantonata per lasciare spazio al leaderismo dei singoli. Piccole vicende che oggi chiamano in causa tre nuovi patti sociali, in grado di favorire la nascita di nuovi sistemi di welfare.

Un patto generale (tra generi), un patto generazionale (tra generazioni) e un patto interculturale (tra etnie).

venerdì 11 febbraio 2011

Semi di futuro

"C'erano sempre stati sul pianeta del piccolo principe dei fiori molto semplici, ornati di una sola raggiera di petali, che non tenevano posto e non disturbavano nessuno. Apparivano un mattino nell'erba e si spegnevano la sera. Ma questo era spuntato un giorno, da un seme venuto chissa' da dove, e il piccolo principe aveva sorvegliato da vicino questo ramoscello che non assomigliava a nessun altro ramoscello. Poteva essere una nuova specie di baobab. Ma l'arbusto cesso' presto di crescere e comincio' a preparare un fiore." Il Piccolo Principe, CAP. VIII; Antoine de Saint-Exupery

Con queste parole ripartono, dopo un mese di silenzio, le riflessioni sul blog. Giorni intensi, carichi di eventi e al tempo stesso rapidi. Nuove domande, nuovi scenari ma anche nuove opportunità da cogliere. I miei passi hanno incrociato nuove pagine, piccoli semi che ci parlano dell’oggi preparandoci al domani. Dal pragmatismo di Amartya Sen, economista, attento alle dicotomie del mondo sospeso tra libertà e oppressione, alla lucida analisi di Aldo Bonomi sul valore della comunità come cura dei rancori e delle invidie provocate dalla solitudine sociale. Piccoli semi che ritrovo ogni giorno proprio nei quartieri di questa città, pronti a sbocciare nel pubblico terreno. Però, come il terreno inaridendosi provocherà la morte del seme, così le nostre comunità, senza voce e senza quegli strumenti di cui parla Sen, finiranno per sciogliersi nelle loro stesse differenze e divisioni.

Ricordo il romanzo di Meneghello, Piccoli Maestri, in cui il protagonista ammoniva i suoi uomini vietando la retorica, pena: cinque giorni a pane e acqua. Ogni tanto, però, pensieri retorici si affacciano spontanei di fronte alle affermazioni di giovani, coetanei e non solo: abbiamo dimenticato cosa vuol dire sognare ad occhi aperti.

Non è semplice da spiegare, per farlo prendo in prestito il termine felicità, usato da Reichlin nel Midollo del Leone. Felicità, come chiave del processo di emancipazione della società. Comunicare felicità nello stare insieme è il primo valore da riscoprire in questa spirale di individualismo. Attraverso la gioia dello stare insieme, condividere i problemi, fare squadra per risolverli, risiede quel fertilizzante chiamato buona Politica, quella con la P maiuscola. Quella politica che crea contenuti e da quelli costruisce il suo rapporto con le istituzioni.

Dice Reichiln: “Ho conosciuto anche la felicità. L'immensa felicità della politica che si fa popolo, che riscrive la storia e ricostruisce la nazione. La Repubblica. E, insieme, la profonda emozione di riscoprire gli italiani, il Paese vero: le borgate, le fabbriche, i braccianti. [...] E' molto acuta in me la consapevolezza della distanza tra il mio tempo e quello che stiamo vivendo. Penso che siamo di fronte non più solo a grandi cambiamenti, sempre avvenuti nel corso della storia, ma a una vera e propria cesura. Ce lo dicono tante cose, dalla crescente mutazione del rapporto tra l'uomo e la natura una condizione nuova del vivere, conoscere, comunicare”.

I semi di cui parlavo prima si inaridiscono, ma prima di morire proveranno a nascere assorbendo ciò che li circonda: populismi di territorio, populismi dell’individualismo, gossip televisivo, sentimenti di rancore e di invidia. Chi vive tutti i giorni la città e le periferie urbane sa di cosa sto parlando e ha già individuato anche quei piccoli semi di cui parlo: un’associazione, una radio, una rete di consumatori, una rete di inquilini, un comitato di quartiere, un teatro, una piccola società sportiva, un negozio, una piccola impresa, una bottega artigiana. Forze positive che parlano individualmente di futuro ma che da sole resterebbero afone in una città in cui pochi hanno parola. Eccoli i nostri sogni ad occhi aperti, piccoli semi che ci parlano di comunità. Piccoli mondi in attesa di un punto sull’orizzonte, una rotta, l'Italia al centro.